Se mia moglie non fa le faccende, allora voglio il divorzio: l’assurda pretesa di un marito foggiano respinta dal Tribunale.
L’amore, si sa, è eterno finché dura. In Italia il numero dei divorzi non ha fatto che aumentare negli ultimi decenni, e le cause per la fine di un matrimonio possono essere le più svariate.
Adesso però di sicuro ce n’é una in meno, almeno per la giustizia: la scarsa propensione della moglie alle faccende domestiche.
La storia arriva da Foggia. Un uomo ha chiesto il divorzio perché la moglie si rifiutava di svolgere i compiti che, secondo il marito, le spettavano in via esclusiva.
Cucinare, lavare, stirare i panni del marito, pulire la casa: tutte cose che a giudizio dell’uomo la moglie non faceva, e che pregiudicavano giustamente la durata dell’unione.
Il giudice Paolo Rizzi ha però dato torto al marito: la donna non ha nessun obbligo a svolgere le attività domestiche, almeno non più dell’uomo.
Codice Civile alla mano, infatti, le motivazioni addotte dal magistrato appaiono lampanti: “con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti ed assumono i medesimi doveri.”
Inoltre, è scritto, “Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze ed alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia”.
Si evince pertanto che i coniugi sono, per la legge italiana, perfettamente uguali e che pertanto la pretesa dell’uomo fosse assolutamente infondata.
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“Non è ammissibile una situazione di sottomissione di uno a svolgere i lavori di mera cura dell’ordine domestico”, si legge nella sentenza.
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Da Foggia arriva dunque un bel segnale di parità e di lotta agli stereotipi di genere, ancora molto radicati in alcune realtà.