Una volta un giornale raccolse le testimonianze dei macchinisti che avevano assistito ai suicidi di chi dalla massicciata si getta sotto le rotaie del treno: nessuno poteva dimenticare quel momento.
Anche per il macchinista del treno merci che la scorsa notte ha travolto il diciottenne che si è buttato sotto alla stazione di Spresiano sarà stato lo stesso. Ma la vera fatica è immaginare cosa possa spingere un ragazzo di quell’età a decidere di farla finita.
Una storia atroce, che fa il paio con un’altra simile avvenuta solo pochi giorni fa a tanti chilometri di distanza. Ad Ariccia, dove un 15enne si è buttato giù da un ponte.
La storia ha lasciato ben pochi punti oscuri: il ragazzo è uscito nel cuore della notte, lasciando un biglietto sul comodino.
Una lettera d’addio che lascia pochi dubbi
Poche righe, inequivocabili. Poche centinaia di metri a sud della stazione di Spresiano, non lontano da Treviso, il giovane si è buttato. Erano le 2.52, il macchinista ha sentito solo un colpo nel buio.
La PolFer, sopraggiunta sul posto, non ha potuto che constatare il decesso. A quell’ora della notte i treni non fanno fermate, e viaggiano a velocità superiori ai 200 km/h. Poco o niente da fare, in queste circostanze.
La famiglia è stata informata dalle forze dell’ordine, ma aveva già sporto denuncia dopo aver letto le ultime parole del ragazzo.
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Sono ancora oscure le ragioni del gesto, si è preferito non provvedere a divulgarle. Di certo, non è un caso isolato: vedere ragazzi, adolescenti, giovanissimi decidere di porre fine alla propria vita è un problema che attanaglia l’intera società.
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Nei prossimi giorni gli inquirenti sicuramente chiariranno i rimanenti punti oscuri della vicenda.