Il noto chef aveva già lanciato l’allarme subito dopo il lockdown della primavera 2020. Da parte di Carlo Cracco era giunta una allerta riguardo alla situazione che la pandemia aveva creato nel comparto della ristorazione.
Un campo nel quale lui è direttamente coinvolto con la gestione ad esempio del suo locale “Ristorante Cracco”, nella Galleria Vittorio Emanuele II, o di “Carlo e Camilla in Segheria”, entrambi a Milano.
Intervistato da “Il Messaggero”, il celebre giudice di tante edizioni passate di “Masterchef” ha ammesso di avere dovuto fare fronte a diverse difficoltà. Anche lui ha dovuto ridurre il personale a propria disposizione, “con una media di uno ogni tre”.
Per mesi e mesi ristoranti ed altri locali simili hanno dovuto tenere le saracinesche chiuse. Mangiare fuori non era possibile per via del virus che circolava.
In tanti non sono nemmeno riusciti a superare questa mazzata tremenda e ci sono state chiusure, ed in alcuni casi, anche suicidi.
Il coprifuoco e l’obbligo di rispettare il distanziamento fisico e di tenere la mascherina hanno purtroppo giocato contro la convivialità ed il piacere del ritrovarsi al ristorante.
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Chef Carlo Cracco rivela che, su un totale di 97 dipendenti, adesso ne annovera una sessantina circa. La buona notizia però è che le aperture annunciate nelle ultime settimane e che diventeranno effettive nelle prossime “dovrebbero lasciare un saldo positivo”.
Ci sono i crismi per ripartire, dal momento che mangiare a tavola a tutte le ore ed anche in gruppo sarà ora più facile.
Cracco spiega come la strada sarà più in discesa per coloro che hanno puntato sempre sulla qualità piuttosto che sulla quantità. Ed è il suo caso.
Poi lui stesso ammette che la notorietà raggiunta con le sue apparizioni televisive lo abbia senza dubbio avvantaggiato nel riprendersi. Ma questo non basta: la cosa che conta è avere sempre un ideale.
Lui ha capito che, data la particolare congiuntura negativa, occorreva per forza di cosa innovare e rinnovare. Per questo motivo Carlo Cracco ha scoperto la realtà del cibo da asporto, come tanti altri.
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E non si tratta certo di un declassamento. Piuttosto era un modo per andare avanti e per lanciare un messaggio, con orgoglio.
Anche con le riaperture poi si ha la sensazione che questa prassi resti. Giusto così. La pandemia ha sconvolto tante cose ma ne ha cambiate tante altre, ed il noto chef si adegua al meglio.