Mantenere dei buoni livelli d’igiene orale è necessario non soltanto per questioni odontoiatriche, per la salute di denti e bocca, ma anche per prevenire un infarto.
Alcuni studi recenti, infatti, rileverebbero un’incidenza significativa tra questi ultimi e una scarsa igiene orale.
Determinate malattie che colpiscono le gengive sarebbero altrettante spie di problemi cardiovascolari. Una grave parodontite sarebbe infatti collegata a maggiori rischi di contrarre un infarto. Un’ambivalenza, questa, che richiede la massima attenzione e cura costante per prevenire problemi al cuore.
Uno studio proveniente dal Regno Unito afferma come lavarsi i denti almeno due volte al giorno diminuirebbe di circa due terzi le probabilità di riscontrare problemi cardiovascolari. A tali conclusioni è arrivato uno studio del 2009 condotto da Richard Watt, dell’University College di Londra.
L’igiene orale previene un infarto: cosa dice la scienza
A spiegare il nesso sarebbe stato un successivo studio dal professore dell’Università di Bristol, Howard Jenkinson. L’ingresso di un tipo particolare di streptococchi, infatti, approfittando delle ferite alle gengive, permetterebbe a questi batteri di legarsi alle piastrine, entrare nel circuito sanguigno e aumentare così l’incidenza di ictus ed infarti negli esseri umani.
Un’attenta igiene orale contrasterebbe tale procedimento negativo, migliorando, insieme alla salute della bocca anche quella del sangue e del cuore. Occorre infatti ricordare come le malattie cardiovascolari rappresentino ad oggi la prima causa di morte nel nostro paese.
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Tra infarti, ischemie e altri eventi negativi solo nel 2020 sono state oltre 230mila le vittime in Italia, rappresentando poco più di un terzo delle cause totali di decesso. Già a partire dai 40 anni l’incidenza di tali problemi inizia a farsi sentire raggiungendo il picco con l’arrivo dell’età anziana, in particolare sopra gli 80 anni.
Peraltro quasi il 60% delle morti per problemi cardiovascolari riguarda le donne, con un’incidenza sulla popolazione maschile più lieve, nonostante (in realtà proprio per questo) le donne riscontrino problemi in questo ambito con un ritardo medio di 10 anni rispetto all’altro sesso.