Massimo Giuseppe Bossetti è stato condannato all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio, 13enne uccisa il 26 novembre 2010.
Yara Gambirasio uscì di casa alle ore 17.20 del 26 novembre 2010 per andare al centro sportivo di Brembate di Sopra, in provincia di Bergamo, e consegnare il registratore alla sua istruttrice di ginnastica ritmica. Yara non tornò più a casa.
Il 26 febbraio 2011 ritrovarono il suo cadavere nel campo di Chignolo d’Isola. Per il suo omicidio è stato condannato Massimo Giuseppe Bossetti. Quest’ultimo venne fermato a giugno 2014, mentre la condanna in via definitiva è arrivata ad ottobre 2018.
Ad anni di distanza però alcune persone credono ancora che non sia stato il muratore a compiere l’omicidio di Yara. La difesa di Bossetti ha da sempre attaccato la prova scientifica. Ha sostenuto la creazione di DNA artificioso in laboratorio nonché l’inutilizzabilità poiché isolata solo la componente nucleare e non la mitocondriale.
Però, come spiega su Fanpage.it la Dottoressa Anna Vagli – giurista, criminologa forense, giornalista- pubblicista, esperta in psicologia investigativa, sopralluogo tecnico sulla scena del crimine e criminal profiling – entrambe le contestazioni sono smontabili.
La prima: il profilo isolato su slip e leggings di Yara è stato chiamato “Ignoto 1” in quanto proprio sconosciuto. Durante la difficile inchiesta sono stati eseguiti migliaia di campionamenti prima di poterlo attribuire a Massimo Giuseppe Bossetti, un muratore della bassa bergamasca.
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Anche la contestazione relativa al profilo genetico di Silvia Berna rinvenuto sul giubbotto della 13enne risulta irrilevante. Infatti è verosimile che sia avvenuto un contatto tra le due (che si conoscevano) in palestra o negli spogliatoi.
La seconda: il DNA nucleare include i geni del padre e della madre, un marchio di fabbrica. Il DNA mitocondriale identifica solo la discendenza in linea materna. Si tramanda quindi di madre in figlio, non è identificativo di un soggetto. Per questa ragione la genetica forense non considera il DNA mitocondriale.
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Inoltre nel processo di primo grado l’intera famiglia Bossetti si è sottoposta al test del DNA. Il risultato è stato che tutti e i figli di Ester Arzuffi, madre di Massimo, erano figlio di Giovanni Bossetti.
Quindi il DNA trovato sul cadavere della 13enne è quello dell’assassino, una traccia mista lasciata da chi l’aggredì ormai 11 anni fa. Da ricordare poi che i due non si conoscevano.