Mal di gola, mal di testa e naso che cola sono i sintomi principali della variante Omicron che si sta diffondendo a macchia d’olio.
Rispetto alle varianti Alpha e Delta, con le quali la rapidità di diffusione era già stata accelerata, quest’ultima variante Omicron, secondo i dati proveniente dall’Africa, ha una velocità ancora superiore. Nonostante la grande velocità ci sono delle variazioni sul fronte sintomi, su quello di incubazione e anche su quello degli effetti a lungo termine.
La sintomatologia si presenta differente rispetto alle altre varianti, a cominciare dal fatto che, nei pazienti contagiati da questa variante, tosse e febbre sono quasi completamente scomparse mentre i sintomi più frequenti sono mal di gola, mal di testa e naso che cola. Tali sintomi si manifestano in maniera molto meno aggressiva rispetto ai normali sintomi da Covid-19, nonostante questo però l’indice di contagiosità è alle stelle considerando l’impennata di contagi dovuti anche alla velocità di diffusione.
La variante Omicron cambia le carte in tavola
Ormai ci eravamo abituati ad avere dei paletti fermi in merito alla malattia, o almeno per quanto riguarda la sintomatologia, ma con l’arrivo della variante Omicron le carte in tavola sono cambiate.
Simone Pierini de Il Messaggero scrive “Diversi studi hanno dimostrato che a differenza del virus originale, la variante Omicron, sembra colpire di più i bronchi rispetto ai polmoni. Uno studio dell’Università di Hong Kong ha permesso di stabilire una velocità di replica pari a settanta volte rispetto alla variante Delta”. Il fatto che colpisca di più i bronchi rispetto ai polmoni potrebbe essere la spiegazione al fatto che la sintomatologia sia meno grave delle altre varianti.
I sintomi più lievi possono essere dati da due fattori, il virus mutando è diventato meno aggressivo, oppure la barriera vaccinale funziona. Per ciò che riguarda il secondo caso l’intervallo tra la seconda e la terza dose di vaccino è stato diminuito di qualche mese, nel caso dell’Italia a quattro invece che cinque. Anche il periodo di incubazione è cambiato, se nelle varianti precedenti si parlava di un lasso di tempo che poteva variare tra i due e i quattordici giorni, in questo caso si parla di non più di 3/5 giorni, questa variazione potrebbe essere la spiegazione alla rapidissima diffusione.
L’Inghilterra è stato un dei primi paesi in cui la variante si è diffusa e con i primi casi è parso chiaro come i pazienti guariscano già dopo 5/7 giorni, lasso di tempo molto più breve rispetto alle altre varianti, ma che anche in questo caso in alcune situazioni, i sintomi, come tosse e affaticamento, si possano protrarre per alcuni giorni, anche settimane nei casi più gravi. Sempre in Inghilterra inizialmente i casi erano circa 100mila al giorno ma nella maggior parte dei casi i pazienti si presentavano come asintomatici o paucisintomatici, ovvero con sintomi molto meno gravi del normale.
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L’esperto sanitario britannico Tim Spector ha spiegato “Se si hanno tutti questi sintomi in questo periodo, è abbastanza probabile che sia Covid. Per la maggior parte delle persone, la malattia è lieve o asintomatica, ma per chi non è vaccinato possono ancora svilupparsi malattie molto gravi. Se si hanno sintomi simili al raffreddore, è bene fare un test”.