Variante Omicron, lo studio che conferma l’origine: così è arrivata all’uomo

Uno studio cinese sulla variante Omicron rivela l’origine della mutazione che sta spaventando il mondo intero. Scopriamo nel dettaglio cosa è emerso dalle ricerche.

Omicron
La variante Omicron (foto Pixabay)

Emergono nuove luci sulla temutissima variante Omicron, che tanta paura sta disseminando non solo in Europa ma anche nel resto del mondo, facendo prendere drastiche misure di sicurezza ai principali Capi di Stato. Un nuovo studio cinese rivela notizie interessanti che potrebbero chiarire meglio l’origine della pericolosa mutazione. 

“Omicron” è una variante del beta coronavirus SARS-CoV-2: è stata rivelata per la prima volta in Botswana, stato indipendente dell’Africa meridionale, in un campione raccolto il 9 novembre 2021. L’Organizzazione Mondiale della Sanità l’ha classificata come “variante preoccupante” il 26 novembre scorso.

A rendere particolarmente insidiosa “Omicron” è l’elevato numero di mutazioni, molte delle quali vanno colpiscono il peplomero (conosciuta come proteina spike): si tratta di una struttura glicoproteica presente come protuberanza all’esterno dell’involucro virale.

Adesso uno studio cinese sembra avere scoperto l’origine della variante. Vediamo cosa è emerso dalle ultime ricerche.

Omicron, uno studio cinese rivela l’origine

Ebbene, secondo le recentissime documentazioni, la variante Omicron potrebbe avere avuto origine dai topi: a dirlo è uno studio cinese condotto dallo scienziato Qian. Secondo il ricercatore i roditori sarebbero stati infettati dall’uomo e avrebbero “ritrasmesso” il virus a loro in un secondo momento.

Covid
Il virus Covid sconvolge il mondo intero (foto Pixabay)

Intervistato da Repubblica, lo studioso ha dichiarato: “La proteina spike per le sue capacità di legarsi alle cellule dell’organismo ospite, determina quali e quante specie animali possono essere infettate dal virus. Le mutazioni della proteina si sovrappongono in modo significativo – ha proseguito lo scienziato – con le mutazioni del Sars-Cov-2 che sappiamo, per studi precedenti, promuovere l’adattamento del virus ai topi”. 

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Le ricerche di Qian si sono estese anche ad altri esseri viventi, come cani, gatti, cervi e visoni, ma il ricercatore ha evidenziato le differenze riscontrate: “In nessuno di questi casi abbiamo trovato lo stesso livello di significatività statistica che abbiamo trovato per le mutazioni caratteristiche del virus quanto infetta i topi”. Infine lo studioso ha ribadito l’importanza nell’impegnarsi per una sorveglianza virale negli animali, soprattutto in quelli più a contatto con l’uomo.

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