La Rai chiamata a ribattere, l’accusa è forte e condivisa da diverse figure importanti, come andrà a finire?
Seppure la Rai è uno dei colossi della televisione italiana, alcune volte capita che dei contenuti proposti dalla rete possano non soddisfare a pieno l’indice di gradimento di tutti i telespettatori. D’altronde è impossibile creare un prodotto capace di mettere tutti d’accordo. Infatti una delle ultime novità Rai ha suscitato già le prime critiche dopo la messa in onda della prima puntata.
La fiction che è entrata nel mirino degli haters è La sposa, una miniserie composta da tre puntate con protagonista Serena Rossi. La trama si snoda tra le vicende affettive della Rossi, ovvero la sposa del titolo, proveniente da una famiglia calabrese molto arretrata di cui vuole liberarsi scegliendo di sposare per procura un agricoltore vicentino.
Rai, il caso de La sposa e il dettaglio che ha fatto storcere il naso ai telespettatori
A ribattere sono stati proprio gli abitanti della regione Veneto che recriminano le volontà del regista di voler lanciare un messaggio diverso da quello che rappresenta la realtà di quegli anni. Seppur la mini serie è ambientata nella fine degli anni 60’, i cittadini sostengono che nel Veneto i matrimoni per procura erano diventati un ricordo ormai da un pezzo.
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Stando alle parole del Presidente del Consiglio Regionale del Veneto “La sposa non regge neanche se pensiamo a cosa sul finire degli anni Sessanta stava accadendo nel Vicentino, quando gli operai di Schio, Arzignano e Valdagno vivevano la stagione delle battaglie operaie e tanti vicentini ancora emigravano verso la Germania, la Svizzera, il Venezuela, il Brasile e l’Australia”.
Un pensiero che viene condiviso anche dalla Presidente di Confindustria Vicentina che si esprime in merito riferendo alla stampa che è inaccettabile il mondo in cui il regista ha dipinto il loro territorio, ovvero come una terra arretrata. A scendere in difesa del prodotto in onda sulla Rai è stato il produttore teatrale Simone Toffanin che nella fiction ricopre il ruolo di attore.
L’artista sottolinea di come il regista si sia soffermato non sul dare importanza alla regione in cui le vicende vengono sviluppate bensì, al contrario, rendere visibile di come a fine degli anni 60’ ci fossero ancora i così detti padre-padrone.
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Toffanin conclude dicendo “l’intento del regista Giacomo Campiotti era quello di enfatizzare la forza dell’emancipazione femminile, non certo la grettezza del contesto”.