27 gennaio – Giornata della Memoria, arriva la struggente e toccante testimonianza di un’ex deportata: “Li avevamo contati…”
Sono trascorsi 77 anni dalla liberazione del campo di concentramento di Auschwitz da parte delle truppe sovietiche. Ma nel cuore di chi è riuscito a sopravvivere molto probabilmente il tempo si è fermato ancora lì.
È proprio grazie all’atto di coraggio dei superstiti del genocidio nazista, alle loro preziose e inestimabili testimonianze che, oggi, conosciamo la storia di tanti ebrei che sono riusciti a uscirne “vivi”.
La parola, infatti, è il mezzo più importante che abbiamo a disposizione. La parola è sopravvivenza. È memoria e futuro. È la volontà di conoscenza. È una narrazione. Un dialogo senza confini e senza barriere.
La testimonianza della deportata Bruna Cases in un toccante libro scritto con Federica Seneghini
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A tal proposito oggi vi parlo di Bruna Cases e del suo diario. Non è un diario come tutti gli altri. È molto diverso da quello che abbiamo avuto noi. È un quaderno che invita alla sopravvivenza e che conserva il racconto di un tragedia immane.
Bruna nasce nel 1934: ha solo 9 anni quando è costretta a lasciare il suo paese perché ebrea. Bruna non sa di esserlo. Non sa, allora, cosa significa essere ebrea e quali sono le conseguenze di appartenere ad un credo diverso.
Per lei e per la sua famiglia vivere a Milano inizia ad essere pericoloso: i suoi fratelli sono stati già espulsi dalla scuola e ben presto toccherà anche lei. Inizia in quel momento il suo calvario verso la libertà.
Il diario di Bruna è uno scrigno di ricordi dove parole e disegni si fondono insieme. Ecco nella sua mente l’immagine di un filo spinato che separa l’Italia dalla Svizzera. Un filo che rappresenta una fuga. Una via di salvezza.
Scritto a quattro mani insieme alla giornalista Federica Seneghini, Sulle ali della speranza. Il mio diario di bambina in fuga dalla Shoah è un libro per tutti. Per grandi e bambini. È un viaggio verso la speranza di una vita migliore.
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Il diario di Bruna vuole essere la storia di un passato che è anche presente. Non vuole essere un termine di paragone, ma solo una testimonianza reale di quanto l’intolleranza e l’indifferenza possano essere pericolose per l’umanità.