E’ anche grazie a lui se lo sci è diventato, a partire dagli anni Settanta, così popolare e seguito. Gustav Thoeni, indimenticabile campione, oggi cosa fa?
Una carriera strepitosa, quella del leggendario sciatore italiano, che ha cambiato la percezione dello sci, fino a quel momento ritenuto un hobby per pochi e trasformandolo nello sport di massa che conosciamo ai giorni nostri. Gustav Thoeni ha vinto tutto il possibile e ha fatto parte della cosiddetta “Valanga Azzurra”.
Classe 1951, nativo di Stelvio, ha iniziato fin da bambino a sciare per le montagne del suo paese e ha preso parte da adolescente alle sue prime competizioni sportive. e facendosi notare nel 1969 ai campionati mondiali juniores, vincendo il titolo nella discesa libera, slalom speciale e slalom gigante.
In carriera questo fuoriclasse ha collezionato 4 vittorie in Coppa del mondo, nel 1971, 1972, 1973 e 1975, oltre a una medaglia d’oro e una d’argento alle Olimpiadi di Sapporo 1972 e una d’argento a quelle di Innsbruck 1976.
Ma non è finita qui, perchè nonostante nel 1980 si sia ritirato, in seguito ha svolto la professione di allenatore personale per Alberto Tomba dal 1989 al 1996, contribuendo ai suoi eccezionali successi. Terminata questa esperienza, divenne quindi ct della nazionale italiana. Oggi, però, di cosa si occupa il grande atleta?
Gustav Thoeni: ecco cosa fa oggi il campione olimpico
Recentemente lo sciatore ha rilasciato una bella intervista a Il Giornale, e ha spiegato com’è la sua vita ora, dopo tanto tempo passato tra racchette e scarponi.
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Oggi Thoeni si occupa a tempo pieno dell’albergo di famiglia a Trafoi, paesino di montagna vicino a Stelvio, ereditato dai suoi genitori. Ad aiutarlo la moglie e la sua primogenita. “Mi alzo per primo, apro e do poi una mano per preparare la colazione e accompagno i clienti per delle escursioni guidate. Gli ospiti a distanza di 40 anni, mi chiedano ancora del famoso slalom parallelo del ’75” ha raccontato con allegria.
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E su Tomba, Gustav ha raccontato che: “Alberto era un personaggio particolare. Lo vidi la prima volta in una squadra C, che faceva da apripista alla A. Mi bastarono poche porte per capire che aveva tutto”.