Disturbi alimentari, si è registrato un aumento dei casi nel corso dei primi sei mesi della pandemia: tutti i dati. I dettagli.
In occasione della Giornata del “Fiocchetto Lilla” per sensibilizzare sui disturbi dell’alimentazione e della nutrizione, che si celebra oggi martedì 15 marzo, l’Istituto superiore di sanità ha reso noti i dati emersi da una survey che si è conclusa nel febbraio del 2021.
I numeri pubblicati hanno evidenziato che nel corso dei primi sei mesi di emergenza Covid i disturbi dell’alimentazione e della nutrizione hanno fatto registrare un aumento del 40% rispetto ai primi sei mesi del 2019. In particolare nei primi sei mesi del 2020 i nuovi casi sono stato 230mila 458. Nei primi sei mesi del 2019 invece erano stati 163mila 547.
Nel corso del 2020 tra i nuovi casi e quelli che si trovavano già in terapia, i pazienti trattati sono stati 2 milioni 398mila 749. Si tratta di dati sottostimati in quanto vi è un’elevata cifra di persone che non giunge alle cure.
Disturbi alimentari, si è registrato un abbassamento dell’età di esordio: le percentuali
Laura Dalla Ragione, psichiatra e psicoterapeuta, responsabile Rete Disturbi Comportamento Alimentare Usl 1 dell’Umbria, ha dichiarato.
Le persone che soffrivano di un disturbo alimentare si sono aggravate durante la pandemia. Magari hanno impiegato mesi per trovare il coraggio di chiedere aiuto o hanno aspettato mesi per un ricovero, aumentando il rischio di cronicizzazione o ricaduta nel disturbo.
È emerso che si è abbassata ulteriormente l’età di esordio. Il 30% di coloro che ne soffrono hanno età inferiore ai quattordici anni. Vi è una maggiore diffusione tra i maschi. Il 10% ha fra i dodici e i diciassette anni.
Il 58% ha fra i tredici e i venticinque anni. Il 7% ha meno di dodici anni. Nel 36,2% di casi si tratta di anoressia nervosa. Nel 17,9% di bulimia nervosa. Nel 12,4% di disturbo di binge eating.
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I professionisti che lavorano nei centri sono 1.099. Si tratta in particolar modo di psicologi (21%), di psichiatri o neuropsichiatri infantili (17%), di infermieri (14%) e di dietisti (11%).