L’attore si confessa a 360°, parlando di vita privata e lavoro e fa una clamorosa confessione. Claudio Santamaria rivela tutto senza provare alcuna vergogna.
E uno degli attori più apprezzati e amati dal pubblico italiano, protagonista di innumerevoli interpretazioni indimenticabili, come Penthotal in Paz! e Enzo Ceccotti in Lo chiamavano Jeeg Robot. Claudio Santamaria, romano classe 1974, ha voluto fin da giovanissimo diventare attore, lavorando per un certo periodo anche nel doppiaggio.
Segue quindi il corso della durata di tre anni di Acting Training di Beatrice Bracco, tentando anche il provino per entrare all’Accademia d’arte drammatica, purtroppo fallendolo.
Ciò non gli impedisce di debuttare lo stesso sul set nel 1997 con Fuochi d’artificio di Pieraccioni, iniziando quindi a ricoprire alcuni ruoli secondari, tra cui anche quello di Paolo in L’Ultimo Bacio di Gabriele Muccino.
E’ proprio il film dedicato ad Andrea Pazienza che gli fa ottenere nel 2002 la sua prima candidatura ai Nastri d’argento. La prima di tante, visto che spesso e volentieri è entrato nella rosa dei candidati.
Puur essdendo ormai un attore affermato, non ha mai lasciato del tutto il doppiaggio, prestando la sua voce a Christian Bale nella trilogia su Batman di Nolan e a Eric Bana in Munich di Spielberg. Sembra che tutto proceda a gonfie vele, per lui, marito innamoratissimo della giornalista Francesca Barra. Invece anche lui ha attraversato un periodo molto difficile.
L’attore lo ha rivelato qualche anno fa, durante una lunga intervista al Corriere della Sera, alla vigilia dei David di Donatello, che lo avrebbero successivamente incoronato come miglior attore protagonista per Jeeg Robot.
“Nessun fattore scatenante, ma sentivo qualcosa esplodermi dentro” spiega al giornalista Santamaria, raccontando di quel periodo subito successivo all’uscita del film di Muccino, nel 2001, quando cadde in un “buco nero”.
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Fortunatamente è riuscito a uscirne: “Un passo alla volta, guardando alla realtà dei fatti. Non puoi scappare troppo a lungo: più rimandi, più il colpo si fa duro”. Un periodo doloroso, che ricorda ancora bene nonostante siano passati ormai più di vent’anni.
