Siamo uno dei Paesi con l’aspettativa di vita più alta e ci avviciniamo sempre più verso le tre cifre. Ci sono diversi motivi per i quali abbiamo questo primato.
A quanto pare non siamo un popolo solo di santi, navigatori ed eroi, ma anche di…anziani. Proprio così, l’aspettativa di vita continua ad alzarsi e la media è una delle più alte al mondo.
Una notizia certamente ottima, che è uno specchio anche del nostro stile di vita e della situazione della tanto bistrattata Sanità pubblica. Rispetto a vent’anni fa la differenza è importante e ad analizzarla ci hanno pensato gli esperti della Federazione Italiana Aziende Sanitarie ed Ospedaliere nel corso di un congresso tenutosi la scorsa settimana.
Il dato italiano è risultato essere più alto di Germania, Francia, Regno Unito e Svezia, risultando secondo solo a quello della Spagna per pochissimo. Vediamo nel dettaglio, quindi, come si è arrivati ad avere un primato tanto significativo.
Aspettativa di vita: Italia ai primi posti in Europa. I motivi
Durante il convegno del 5 luglio “Da 30 anni al servizio dei cittadini: il direttore generale nelle aziende sanitarie pubbliche”, i relatori hanno sottolineato quanto la media del Paese si sia alzata di circa 4 anni negli ultimi vent’anni, passando dai 79,9 anni del 2000 agli 83,6 del 2019. Una differenza notevole: “Il confronto internazionale documenta uno stato di salute della popolazione italiana buono, e una aspettativa di vita tra le più elevate” hanno detto.
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E non è l’unica buona notizia: anche la mortalità neonatale ha subito un’importante variazione, questa volta al ribasso. Nel 2000 era del 3,5 per mille, mentre nel 2019 è stata attestata nel 1,9 per mille. Esaminando la situazione dell’assistenza ospedaliera, la valutazione è positiva, questo sebbene in circa 10 anni il numero di personale tra medici e infermieri sia calato del 5,6%.
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Come ha spiegato Giovanni Migliore, presidente di Fiaso: “Nel corso dell’emergenza da Covid-19 sono però stati reclutati precari che ora, grazie alla legge sulle stabilizzazioni, possono essere assunti. Già 10 regioni su 20 hanno stipulato accordi per procedere con i contratti a tempo indeterminato”.