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Squalo bianco, quali sono i veri segreti del grande predatore dei mari: la verità

Pubblicato da
Lucia Testa

I mari ne sono pieni. Lo squalo bianco padroneggia nelle acque salate e gli studi avvisano di una scoperta sensazionale.

Squali pericolo età genoma
Squali (instagram)

Fanno paura solo alla vista. Si tratta comunque del più grosso predatore degli oceani. Gli squali hanno una dimensione mastodontica. Il corpo è bianco nel caso del l’animale omonimo. Una doppia fila di denti e checché si dica non è tanto pericoloso per l’uomo.

E’ difficile digerire come verità ma sembrerebbe proprio una specie innocua. Magari per lo squalo bianco è un altro discorso visto che anche la cinematografia ci ha messo di suo per faro passare come il terrore dei mari. È stato già accertato che il fatto di attaccare i sub o i surfisti e dato dall’abbigliamento.

Le prede preferite degli squali sono le foche e la tuta di questi sportivi rimanda agli occhi di questi animali la pelle liscia delle foche. Forse non tutti sanno che questi animali hanno molte caratteristiche sorprendenti. Gli studiosi aggiornano sempre le ricerche riguardanti questi enormi abitanti dei mari.

Squalo bianco, la specie impone un particolare gene che li rende particolari

Uno squalo bianco ha una lunghezza impressionante che va fino a 7 m. Una delle loro caratteristiche è la durata della vita. Gli squali bianchi raggiungono anche i 75 anni il perché è presto detto. Gli esperti hanno fatto un importante lavoro sul DNA di questi predatori.

Il loro genoma è più resistente di quello umano, i dati parlano chiaro. Nella loro vita marina è quasi inesistente il cancro, infatti gli squali bianchi sono come protetti da questa patologia. I ricercatori hanno individuato una stabilità genomica che contrasta la degenerazione cellulare.

Nel loro DNA sussistono alcuni agenti coagulanti a rapida azione. Un imput veloce per la costituzione di proteine efficaci che andranno immediatamente a costruire i nuovi strati di carne dopo lacerazioni e ferite. Un rimarginamento esclusivo della loro specie.

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Un requisito che fa di loro i possessori delle cosiddette “sette vite” come i gatti. Una scoperta eclatante del team da valutare anche nella medicina odierna. Un domani potrà servire anche a curare le cellule tumorali degli esseri umani.

Lucia Testa

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