Sono passati ormai 13 anni dalla scomparsa del leggendario conduttore tv. Mike Bongiorno moriva infatti nel 2009. Sapete cosa aveva studiato?
E’ ritenuto da tutti uno dei padri fondatori della televisione italiana, per lungo tempo volto amatissimo della Rai e poi fedelissimo di Mediaset. Mike Bongiorno ci lasciava 13 anni fa, nel 2009, dopo decenni di storici successi. Ma come si era preparato a tanto?
Nato Michael Nicholas Salvatore Bongiorno nel 1924 a New York, dopo aver vissuto per qualche anno nella Grande Mela, in seguito alla separazione dei genitori e alla crisi del 1929 fece ritorno in Italia, stabilendosi a Torino.
Durante gli anni della Seconda Guerra Mondiale fece parte dei partigiani, rischiando per un soffio di venire fucilato, salvandosi solo grazie alla scoperta da parte della Gestapo del suo passaporto americano.
Finito il conflitto, dopo un periodo negli Stati Uniti, tornò di nuovo nel nostro Paese, dove nel 1955 presenta il primo gioco a quiz della neonata Rai, Lascia o Raddoppia. Nel 1977 inizia la collaborazione con Silvio Berlusconi, con il quale contribuirà alla nascita della televisione commerciale.
Mike Bongiorno: che titolo di studio aveva il conduttore?
Per l’allora Fininvest condurrà alcuni dei programmi di maggior successo degli anni Ottanta, come Superflash, Pentatlon e SuperMike. Ma come ha fatto Bongiorno a ottenere un successo tanto clamoroso, ha forse seguito degli studi particolari?
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Niente di tutto ciò: una volta tornato a vivere a Torino con la madre e i parenti, Mike frequentò le scuole elementari e medie, quindi il ginnasio e i licei classici Alfieri e Rosmini. Il suo grande desiderio fu sempre quello di diventare giornalista, e unito alla sua grande passione per lo sport e in particolare quello per la Juventus, lo spinse inizialmente a lavorare per le pagine sportive de La Stampa.
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Fu Vittorio Veltroni, padre del politico Walter, una volta tornato dagli Stati Uniti, che gli propose di iniziare a lavorare per il Radiogiornale, facendogli anche prendere delle lezioni di dizione per eliminarne l’accento americano. Il resto poi, come si suol dire, è storia.