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Cronaca

Matteo Messina Denaro: ecco chi ha coperto la latitanza

Pubblicato da
Gabriele Mastroleo

Nella puntata di Report del 23 gennaio si parla della fine della latitanza di Matteo Messina Denaro e si cercano risposte su chi lo ha protetto.

Matteo Messina Denaro – Ultimaparola.com

Durante la sua lunga latitanza, Matteo Messina Denaro potrebbe avere anche goduto di protezioni di un certo livello. Non conferma, né smentisce una simile ipotesi il comandante provincia dell’Arma dei Carabinieri di Trapani, Fabio Bottino, in un’intervista alla popolare trasmissione di Raitre, Report. Nella puntata del 23 gennaio, il programma – molto seguito e apprezzato – cerca le risposte su eventuali coperture delle quali avrebbe goduto il boss di Cosa Nostra.

Il colonnello dei carabinieri sostiene che soprattutto in anni passati questa tesi sarebbe ben più accreditata. Ma la trasmissione di Raitre si domanda se anche negli ultimi periodi ci siano state uguali protezioni. In particolare, vengono messe in evidenza alcune segnalazioni fatte circa la presenza del superlatitante nella zona di Campobello di Mazara.

La latitanza di Matteo Messina Denaro: coperture e protezioni per sfuggire all’arresto

Più di qualcuno, stando alla ricostruzione fatta da Report, avrebbe avvistato negli ultimi anni il boss latitante, che è accusato di crimini gravissimi e che una settimana fa è finito in carcere, a Torretta Granitola, una frazione del comune in provincia di Trapani. Qui Matteo Messina Denaro in pratica da diverso tempo viveva indisturbato. Report già nel 2017 aveva evidenziato queste segnalazioni, ma non solo.

Spunta adesso un’annotazione dei carabinieri del novembre 2021. Si tratta di una fonte anonima che riferisce al comandante della stazione di Campobello di Mazara circa la presenza proprio a Torretta Granitola del boss latitante ormai da quasi 30 anni. Si tratta di una segnalazione molto dettagliata, peraltro in questo piccolo centro – secondo quanto afferma il giornalista Marco Bova – si troverebbe un parco acquatico e uno dei soci sarebbe Andrea Bonafede, ovvero il geometra che aveva “prestato” l’identità a Matteo Messina Denaro.

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Report intervista anche Massimo Russo, magistrato che per 13 anni ha lavorato alla Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Questi si chiede come mai i vertici di Cosa Nostra passano tutti dalla provincia di Trapani e non vengono mai catturati. Un esempio su tutti, oltre che ovviamente quello di Messina Denaro, è quello di Totò Riina che proprio a Mazara del Vallo aveva la disponibilità di una casa.

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Non solo: sempre in provincia di Trapani, spiega Russo, sono passati altri pericolosi latitanti del periodo stragista, da Leoluca Bagarella a Giovanni Brusca. Tutti avrebbero avuto almeno una casa nel trapanese. Come era possibile? Secondo Russo, la risposta è una sola ossia che la rete di protezione che avevano attorno garantiva loro l’incolumità. Protezione che – stando ad altre testimonianze raccolte da Report – era costituita anche da “servitori” dello Stato. Viene in particolare citato il caso di un ex carabiniere, poi uomo dei servizi segreti, che diventa un “collegamento” tra questi e Matteo Messina Denaro.

Gabriele Mastroleo

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