Al Bano Carrisi coinvolto in una lite ma l’attacco è sempre la miglior difesa. Il cantautore pacifista e di fede non ha potuto esimersi dal coinvolgimento in prima persona. Servire non significa essere un servo.
Al Bano Carrisi, lo conosciamo tutti, all’esordio degli 80 anni è ancora quel ragazzino che emigrò al Nord in cerca di ingaggi. Aveva tutto con sè: una potente ugola, la voglia di lavorare e mettersi in gioco. Non sono mancati momenti molto tribolati in cui usciva fuori il fatto di provenire dal profondo Sud. Quel luogo che cn il tempo è diventata una meta per delle vacanze indimenticabili.
Complici la spiaggia, il mare cristallino e una tradizione senza fine, Al Bano lasciò tutto con una grande forza d’animo perchè consapevole che nella vita sarebbe diventato qualcuno. Il noto cantante e attore italiano è conosciuto a livello mondiale per la sua voce potente e melodica, non ha mai dimenticato di essere partito con una valigia di cartone.
Quando si tratta del suo comportamento con i suoi ammiratori, Al Bano è generalmente affabile, gentile e rispettoso. Durante gli incontri con i fan, dimostra gratitudine per il loro sostegno e si sforza di creare un’atmosfera piacevole e accogliente. È noto per dedicare del tempo scattando foto, firmando autografi e rispondendo alle loro domande o richieste. Durante i concerti, spesso interagisce con il pubblico, coinvolgendolo nel suo spettacolo e creando un’atmosfera di condivisione ed emozione.
La sua energia sul palco e la sua vicinanza al pubblico sono caratteristiche che i suoi ammiratori apprezzano particolarmente. Da un’intervista emerge un aspetto del suo passato che quasi non gli si riconosce eppure è accaduto davvero. Sue sono le parole che testimoniano un fatto avvenuto proprio agli inizi della sua vita nel capoluogo lombardo:
“Dormivo in cantiere, in una stanza al pianterreno, alla luce di quattro candele. Ma non mi pagavano. Ero rimasto con mille lire. Andai a lavorare al ristorante e mi misero a distribuire volantini fuori e poi a fare le pulizie. Impari a preparare le pizze e il caffè…“. Tutto procedeva più o meno tranquillamente, anche se mi chiamavano “terrone. Un giorno mi indicarono mentre salivo le scale trafelato pieno di pacchi e sentii:
«Per fortuna abbiamo lo schiavetto…». Non ci ho visto più. Li ho chiusi in una stanza e li ho menati. E ho cambiato ristorante“.
Chi gli darebbe torto?